Una corsia per Rebellin e le vittime della strada

3 dicembre 2022Redazione FCC

La morte di Davide Rebellin è soltanto un nuovo capitolo di una tragica storia che si ripete, in Italia, ogni trentacinque ore. Poco dopo Rebellin, sempre il 30 novembre, un ragazzo di quindici anni, Manuel Ntube, ha subito la stessa sorte, travolto da un Suv a Ferrara. Come spesso accade, quando è un personaggio pubblico ad essere coinvolto, il fatto arriva in prima pagina, per qualche giorno se ne parla, poi, come capita, passa rapidamente in secondo piano. Fino alla prossima volta. 

Però nel frattempo accadono cose, o non accadono. Nel frattempo i ciclisti continuano ad andare in strada, e andare in strada in Italia significa farlo in un paese in cui gli incidenti stradali che vedono coinvolte le biciclette hanno un’incidenza significativamente maggiore di quella in altri paesi europei. Ma, al di là dei numeri, delle statistiche che spesso vediamo pubblicate in cui l’Italia risulta tristemente fanalino di coda in tanti, troppi settori, chi va in bici sa, sente sulla sua pelle che l’Italia è un paese ostile alle due ruote.

Non si tratta di esterofilia di bassa lega. Basta attraversare il confine con la Francia, ad esempio, per vedere moltiplicato il numero delle corsie ciclabili, della segnaletica dedicata, ma soprattutto per percepire un maggior rispetto reciproco tra chi condivide la strada. Ma anche questa può essere classificata come un’opinione, un’impressione di chi vede l’erba del vicino sempre più verde. Può essere. Certo fa effetto vedere, ad esempio, che nella legge di bilancio 2023 il fondo per la ciclabilità urbana sia stato azzerato in un paese che investe nell’auto privata cento volte più che nella bici.

Ma, restringendo lo sguardo al territorio che ci circonda, fa effetto in questo momento ricordare la reazione che nel maggio del 2021 suscitò l’installazione da parte del Comune di Fiesole, nell’ambito della campagna Io rispetto il ciclista, dei cartelli che invitano a tenere la distanza del metro e mezzo nel sorpasso. Cartelli sfregiati, imbrattati, rivoltati. E sui social toni polemici: “ci sono altre priorità”, “chissà quanto hanno speso”. Ma soprattutto, il ritornello: “eh beh, ma allora ANCHE I CICLISTI SI COMPORTANO MALE, devono rispettare il codice della strada”. Stare in fila, portare le luci, mantenersi sulla ciclabile quando c’è. Tutto vero. Ma dimenticando una cosa, semplice e tragica: chi rischia la vita, in maniera incommensurabilmente più alta, è chi va in bici

Il metro e mezzo, la corsia ciclabile, i trenta all’ora, l’educazione stradale. Nessuna di queste è LA soluzione, perché una soluzione vera non c’è. Gli incidenti ci sono e ci saranno, perché le nostre strade sono invase da mezzi inquinanti sempre più numerosi, sempre più grandi, sempre più pesanti, sempre più potenti. Ma una cosa può cambiare, e contribuire ad alleviare il tragico bilancio: una maggior attenzione e un maggior rispetto reciproco. 

Il metro e mezzo, la corsia ciclabile, i trenta all’ora, l’educazione stradale, per gli automobilisti e per i ciclisti: non sono soluzioni, ma nel tempo sono cose che possono contribuire a cambiare la testa delle persone, sia quelle che vanno a due che a quattro ruote. Ma partendo dall’idea che sono quelle a due ruote che vanno difese maggiormente, per il rischio maggiore al quale sono esposte. 

In questo senso, ad esempio, auspichiamo che sul nuovo asfalto appena steso sulla strada di Fiesole, strada ciclistica per eccellenza e teatro dei Campionati del mondo nel 2013, venga tracciata una corsia ciclabile. Che non è una pista ciclabile riservata, ma un’indicazione della distanza da tenere nel sorpasso, e al tempo stesso dello spazio che chi pedala può occupare in sicurezza, ad esempio senza affiancarsi in maniera pericolosa in coppia. Un piccolo sogno che sarebbe un grande segnale, e che proponiamo al Comune di Fiesole e alle istituzioni preposte di aiutarci a realizzare.

Fiesole Cycling Collective

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