Fenomenologia dello sprint al cartello stradale

Franco Giovannini AKA Frank Joop

“Nobody expects the Spanish Inquisition”, dicevano i Monty Python in un famoso sketch di molti anni fa. Proprio come l’inquisizione spagnola, Il cartello stradale che annuncia il passaggio da una località giunge spesso inatteso. A volte si nasconde dietro una curva. Altre volte è lì, in bella vista, in lontananza in fondo a un rettilineo. Altre – le peggiori – sono quelle quando sai dov’è, ed è più in alto di dove ti trovi in quel momento: in cima alla salita. Comunque sia, cartello stradale significa: sprint.

Basta uno che accenda la miccia, scattando a sorpresa alla prima occasione. Da quel punto in poi, quella che poteva essere una tranquilla pedalata tra amici si trasforma in un inferno di tensione agonistica. Una piccola distrazione può essere fatale. Può voler dire vedersi superare dal rivale che con sguardo beffardo e irridente, pronuncia l’immortale frase dezaniana…”ED ECCO LO SPRINT!”. A quel punto, puoi solo sperare di avere il rapporto giusto e che l’altro sia partito troppo presto. 

In questo gioco perverso e logorante ci sono cartelli più prestigiosi di altri. Cosa ne definisca l’importanza non è semplice stabilirlo a priori. Ad esempio, la frazione di Casini, nei pressi di Dicomano, è da sempre terreno di battaglia a causa del fatto che uno dei più accaniti sprinteur del gruppo di cognome fa, appunto, Casini. Ma ogni toponimo, ovunque, può trasformarsi in un Arc de Triomphe. Per il suo legame con la storia del ciclismo – il Ponte a Ema di Bartali, il Pian di Scò di Chioccioli – o con la storia tout court (Monteaperti), oppure per il semplice trovarsi lì, nel posto giusto al momento giusto. Com’è capitato a me ieri nella prestigiosa doppietta Troghi – Cellai (seguita purtroppo da uno scacco sul GPM di San Donato in Collina, noto anche come GPM della Frittella, stretto nella morsa delll’alleanza Lino – Pratesi).

Pratesi, da vero enfant du pays, batte De Knoeien – Casini sul traguardo di Fiesole di Vetta le Croci.

Curiosamente, lo sprint da cui tutto nacque non fu in bicicletta. Correva l’anno 1987, e il cartello era quello della città olandese di Edam, famosa per i formaggi che portano il suo nome. Lì avevamo fatto tappa durante un viaggio in bicicletta. La sera decidemmo di cenare a Volendam, dove ci recammo a piedi. Di ritorno, dopo una piacevole passeggiata sul lungomare, nel bed & breakfast dove alloggiavamo, a un certo punto scorgemmo il cartello di Edam. Non so chi iniziò ad affrettare il passo, ma ad un certo punto ci trovammo a correre. E non ricordo nemmeno chi vinse. Quel che è certo è che la cena era a base di pesce fritto, e abbondante. E a farne le spese fu Corrado (proprio lui, il Casini dello sprint di Casini ritratto in copertina): tagliato il traguardo, iniziò a sentirsi male. Al grido di “non ce la faccio più” riuscì a giungere al B&B, dove salì le scale e, bussando violentemente alla porta del bagno, iniziò a inveire contro gli ignari occupanti. Come andò realmente a finire non si sa, il diario riporta solo un laconico “poi, decide di resistere e caca a casa”, che fa comunque presupporre un lieto fine. 

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